Secondo CoinDesk, la posizione dominante di Tether (USDT) come la più grande stablecoin è vulnerabile a causa della sua dipendenza dal mercato americano e delle normative in sospeso, ha affermato JPMorgan in un rapporto di ricerca. Nonostante Tether non abbia sede negli Stati Uniti, le autorità di regolamentazione possono esercitare un certo controllo sull'utilizzo offshore dell'emittente della stablecoin attraverso l'Office of Foreign Assets Control (OFAC). L'associazione della stablecoin con Tornado Cash, un crypto-mixer inserito nella lista nera dell'OFAC per aver facilitato il riciclaggio di denaro, ne è un esempio.
Misure indirette e cooperazione internazionale potrebbero potenzialmente ostacolare l'utilizzo di Tether, hanno scritto gli analisti guidati da Nikolaos Panigirtzoglou. L'imminente regolamentazione delle stablecoin probabilmente eserciterà una pressione indiretta su Tether poiché la sua attrattiva diminuirebbe rispetto alle stablecoin con maggiore trasparenza e maggiore conformità ai nuovi standard normativi KYC/AML. Questo problema si applicherebbe anche alla finanza decentralizzata (DeFi), dove l’USDT viene utilizzato come fonte di garanzia e liquidità.
Le normative sulle stablecoin saranno coordinate a livello globale tramite il Financial Stability Board (FSB) in tutto il G20, limitando ulteriormente l’uso di stablecoin non regolamentate come Tether. Tether è stato sotto pressione affinché fosse più trasparente riguardo alle sue riserve e ha lavorato per pubblicare dati in tempo reale. Tuttavia, JPMorgan afferma che le ultime rivelazioni dell'emittente stablecoin non sono sufficienti a ridurre le preoccupazioni. Il CEO di Tether, Paolo Ardoino, aveva precedentemente confutato l'affermazione di JPMorgan secondo cui il dominio di USDT era dannoso per l'ecosistema crittografico più ampio.