A oltre 50 giorni dall'insediamento di Donald Trump, il presidente ha già creato le premesse per una potenziale guerra commerciale che potrebbe sconvolgere l'economia globale.
Lunedì, il presidente eletto ha annunciato l'intenzione di firmare un ordine esecutivo che impone una tariffa del 25% su tutte le importazioni dal Canada e dal Messico, insieme a una tariffa aggiuntiva del 10% sulle importazioni dalla Cina. Afferma che queste misure sono una ritorsione per il flusso di droga e migranti che attraversano i confini degli Stati Uniti.
Sebbene Trump abbia promesso durante la sua campagna di introdurre tariffe universali su tutti i beni importati, queste azioni prendono di mira specificamente i tre maggiori partner commerciali degli Stati Uniti. Nel 2023, le aziende statunitensi hanno importato beni per un valore di oltre 1,2 trilioni di dollari da Canada, Messico e Cina.
Chi paga le tariffe? Questa domanda ha scatenato il dibattito dopo le elezioni. Le tariffe sono pagate dagli importatori, non dai paesi che esportano i beni, e questi costi sono solitamente trasferiti ai consumatori. Gli economisti avvertono che imporre tali tariffe potrebbe far salire l'inflazione e i tassi di interesse e portare a prezzi al consumo più elevati. Di conseguenza, l'uso delle tariffe da parte di Trump come strumento per combattere l'immigrazione illegale e il traffico di droga potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio.
I mercati valutari stanno già risentendo dell'impatto delle aggressive politiche commerciali di Trump. I trader si sono rivolti allo yen giapponese come valuta rifugio.
Mercoledì, la coppia USD/JPY è scesa, con la valuta giapponese che ha guadagnato circa il 2% rispetto a un dollaro statunitense più debole negli ultimi giorni. Il tasso di cambio dollaro-yen è sceso da circa ¥154,50 a ¥151,40, continuando un trend al ribasso di due settimane.
Ancora più interessante è il fatto che il dollaro statunitense si sta avvicinando alla media mobile semplice a 200 giorni, segnale di un potenziale trend ribassista a lungo termine.
In mezzo a questi sviluppi, la Federal Reserve statunitense ha pubblicato i verbali della riunione di tre settimane fa, in cui ha dettagliato le discussioni sui tassi di interesse. I decisori politici hanno espresso fiducia nel fatto che l'inflazione si stia muovendo verso l'obiettivo del 2% della Fed e hanno confermato i piani per ridurre ulteriormente i tassi di interesse per supportare la ripresa del mercato del lavoro e la crescita economica.